Caporetto e gli italiani, l'arte di piangersi addosso

Quando si parla di guerra, noi italiani non si sa ancora per quale specifico motivo, veniamo sempre presi da un inspiegabile senso di timida vergogna. Pensiamo alle nostre imprese belliche, tranne l'eccezione di qualche eroica battaglia, sempre con un accezione negativa, come al susseguirsi di una serie di disastri orditi da incapaci. Ma non è che forse , al contrario degli altri popoli, abbiamo sviluppato un meschino senso di autolesionismo, tale da farci ricordare ogni nostro errore e dimenticare quanto di buono è stato fatto?
Per meglio riflettere su quanto appena scritto, basta citare la sconfitta di Caporetto; ricordo di un evento nefasto che ancora oggi è in grado di far arrossire dalla vergogna qualsiasi italiano ne abbia conoscenza. Ma siamo sicuri però che sia stata l'unica disfatta degna di vergogna del primo conflitto mondiale?
Nell'agosto del 1914 le truppe francesi ed inglesi ebbero a subire un terribile rovescio in quella che è generalmente conosciuta come la "battaglia delle frontiere". Si dovette abbandonare un decimo del territorio francese, tanto che i tedeschi arrivarono a meno di 50 km da Parigi, come conseguenza si ebbe il congedo di un centinaio di generali francesi bollati come incapaci. Il disastro avvenne nelle prime settimane di guerra, malgrado che i francesi stessero combattendo una guerra difensiva sul loro stesso territorio. I francesi riuscirono a cambiare le cose alla Marna, ma anche allora i tedeschi rimasero sul territorio francese per quattro anni.
Durante i primi sei mesi di operazioni, la prima guerra mondiale fu per l'esercito austriaco una serie di Caporetto, mentre i russi dopo il maggio del 1915 non fecero altro che passare da una Caporetto a un'altra.
Pochi mesi prima di Caporetto, l'esercito francese quasi si disintegrò da capo a fondo, in seguito alla carneficina a cui era stato sottoposto dal generale Nivelle nell'aprile del 1917. Dalla fine di maggio al 15 giugno vi furono ammutinamenti in 75 reggimenti di fanteria, 23 battaglioni di "chasseurs" e 12 reggimenti di artiglieria. Se i tedeschi avessero avuto un servizio informativo migliore e avessero attaccato in quel momento, avrebbero inflitto all'esercito francese una sconfitta che forse sarebbe stata irreparabile.
Per due anni e mezzo gli italiani erano stati in guerra senza venire avviati in una campagna offensiva sul suolo nemico. Nel maggio e giugno del 1917, un tentativo di rompere le linee austriache era costato la perdita di 132.000 uomini e nell'agosto e settembre un altro tentativo ci era costato la perdita di 148.000 uomini. L'esercito francese, nell'aprile del 1917 non ne perse più di 112.000, ma i soldati francesi si ammutinarono per molto meno di quanto avrebbe giustificato una ribellione dei soldati italiani.

Ancora nel marzo 1918 gli inglesi e i francesi subirono una terribile sconfitta nella battaglia del "Chemin des Dames" e dovettero ritirarsi per quasi 50 km. Viceversa, nel giugno 1918 gli italiani vinsero la grande battaglia del Piave, la prima vittoria dell'Intesa antigermanica dopo una lunga e prolungata serie di disastri della coalizione. La battaglie del Piave, durante l'ultimo anno di guerra, ebbe la stessa importanza storica e strategica della battaglia della Marna durante il primo anno. Quella sconfitta segnò l'ultima ora dell'Impero austro-ungarico.
Tuttavia le sole battaglie che si ricordano quando si pensa alla prima guerra mondiale sono la battaglie della Marna, vinta dai francesi e la battaglia di Caporetto, perduta dagli italiani.
Perchè?
1)I capi di tutti gli altri eserciti accettarono i loro insuccessi in dignitoso silenzio; mentre il comandante in capo dell'esercito italiano, Cadorna, che con Capello e Badoglio fu uno dei tre capi militari responsabili del disastro, in un bollettino ufficiale diffuso in tutto il mondo, accusò i suoi soldati di vigliaccheria e tradimento. Per aver calunniato i suoi uomini allo scopo di scolparsi, e non per aver perduto la battaglia, avrebbe dovuto essere portato davanti alla corte marziale.
2) Le mire italiane sulla Dalmazia, il Medio Oriente e i territori coloniali in Africa erano in contrasto con quelle dei governi inglese e francese e dei loro vassalli jugoslavi e greci. Di conseguenza, non soltanto la propaganda tedesca ed austriaca, ma anche quella dei piccoli e grandi alleati dell'Italia, desiderava screditare lo sforzo bellico italiano ed affermare in tal modo che le sue "smodate ambizioni imperialistiche" erano utopiche e fuori portata.

3) A proposito delle disavventure militari, i governi degli altri paesi si curarono di evidenziarle il meno possibile. Il governo inglese, ad esempio, dopo i terribili disastri di Passchendaele (agosto-settembre 1917) e di Cambrai (novembre 1917) di cui si può ampiamente leggere nelle War Memories di Lloyd George, condusse un'inchiesta, i cui risultati vennero resi noti nel London Times del 16 gennaio 1918 in un trafiletto non più lungo 22 righe. La Camera dei Comuni, seguendo questo stile cercò di insabbiare la cosa mettendo la cosa a tacere. In Italia, dopo Caporetto, si creò una grande commissione di inchiesta per appurare la responsabilità del disastro. I lavori della commissione durarono 18 mesi e nell'estate del 1919 uscì un'enorme relazione, di cui si impadronirono i giornali nazionali che ne discussero per intere settimane. Poi iniziò una discussione alla Camera dei Deputati e se ne parlò dal 6 al 10 settembre.
4) In tutti gli altri Paesi "esperti" militari e storici ufficiali hanno avuto cura di mascherare il più possibile le sventure dei loro eserciti, o almeno di attenuarle, quando non si potevano ignorare del tutto. Ancora oggi si hanno informazioni molto sommarie a proposito della disintegrazione morale che nell'estate del 1917 minacciò l'esercito francese. In un libro di 694 pagine (Histoire de la Grande Guerre- Gallimard 1936) l'autore, H.Bidou è tanto prudente da dedicare non più di sei pagine all'insuccesso di Nivelle e non più di una pagina e quindici righe agli ammutinamenti che seguirono. In Italia, dopo la sconfitta di Caporetto sorsero amare dispute intorno a chi ne dovesse essere tenuto responsabile, senza dimenticare la lunga e specifica storiografia sull'accaduto che da anni viene ciclicamente pubblicata dalle maggiori case editrici..